Ci sono giochi che fanno scattare una scintilla e che ti aprono un mondo. Capita più spesso, almeno per me, con idee piccole, funzionali e precise, a prescindere dal fatto che siano sviluppate in contesti indipendenti o siano alla base di grandi produzioni. Tempo fa, quando ho scritto la recensione di Deathloop (Voto: 9 – Recensione), mi sono agganciato al modo in cui il gioco si sviluppa intorno al concetto di manipolazione del tempo e delle informazioni, facendo cenno alla costruzione dell’inganno nel film The Prestige, di Christopher Nolan. Arkane Lyon parte proprio da quei concetti per articolare un’avventura di spionaggio notevole complessa, in cui dominare il contesto significa acquisire potere e ottenere le informazioni desiderate.
Non è, però, l’unico modo per esplorare il rapporto tra inganno, informazioni e potere: Card Shark, paradossalmente, parte dal medesimo punto, in maniera decisamente più letterale, e segue una direzione più pragmatica per raccontare la sua storia. Come funziona l’inganno? Qual è la logica di un baro? Perché lo si fa? Ma soprattutto, quali sono i suoi trucchi? Come si vince il sospetto e quali sono i segreti per convincere un’altra persona ad autoingannarsi? Perché, poi, alla fine, alla base dei trucchi c’è quello, destrezza, confidenza, ma anche la capacità di coinvolgere la “vittima” nel raggiro. Vi sembra tutto moralmente bieco? Lo è, probabilmente, ma è con la stessa abilità di un baro che il gioco di Nerial (Reigns), Nicolai Troshinski (arista visivo, appassionato di trucchi, ma anche game designer sperimentale) e Arnaud De Bock (Pikuniku), ribalta qualsiasi prospettiva, riconfigurando il mondo secondo le logiche di un trickster.